L’effettività della difesa nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo
Sintesi estratta dalla monografia
EUROPA E GIUSTO PROCESSO. ISTRUZIONE PER L’USO
Da tempo nel panorama europeo si tende a richiamare l’attenzione sulla necessità di garantire che la difesa sia svolta in modo effettivo, con professionalità e competenza, ritenendo perciò che gli Stati membri debbano prevedere un sistema di controllo, soprattutto in virtù del fatto che l’accusato non sempre è in grado di valutare l’effettività dell’assistenza prestata dal legale in suo favore.
Il tema rappresenta il nucleo di importanti affermazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo. Dall’interpretazione del testo della Convenzione, che impone di assicurare non solo la nomina, ma anche l’assistenza di un difensore, i giudici d’oltralpe sono arrivati alla conclusione che deve essere garantito il diritto ad una difesa effettiva e concreta, sia essa di fiducia o d’ufficio. Da qui, la constatazione di violazioni dell’art. 6 CEDU in situazioni nelle quali l’assistenza difensiva era stata puramente formale.
L’ermeneutica della Corte dei diritti dell’uomo è arrivata persino a porre la censura sulla mancata adozione da parte degli organi giudiziari di misure che assicurino l’effettività della difesa ([1]), fermo restando che le scelte di coscienza nella conduzione della difesa rimangono monopolio del soggetto che esercita la libera professione ([2]).
In effetti, la Corte ha ritenuto che “come regola generale gli atti o le decisioni del difensore dell’accusato non potrebbero impegnare la Responsabilità dello Stato” giacché “data l’indipendenza del foro, la conduzione della difesa spetta per l’essenziale all’interessato e ai suoi rappresentanti”, gli Stati sarebbero obbligati ad occuparsene soltanto in caso di “carenza manifesta o sufficientemente segnalata alla loro attenzione” ([3]).
Con riferimento all’ordinamento italiano, la Corte Europea ha ripetutamente evidenziato ([4])la carenza di un meccanismo che consenta di assicurare in concreto la garanzia che il difensore svolga diligentemente il suo patrocinio. In questa prospettiva, nel c.d. caso Sannino ([5]), la Corte ha censurato il comportamento della Autorità giudiziaria italiana che ha provveduto alla continua sostituzione del difensore d’ufficio di volta in volta assente, con un atto formalmente corretto, ma in sostanza inidoneo a garantire continuità ed effettività nella difesa dell’imputato.
Insomma, come è noto la difesa, più che un diritto della parte privata è una condizione di regolarità del processo; un onere di vigilanza incombe, quindi, sulla Autorità giudiziaria procedente.
Il concetto di effettività ed incisività della difesa trova un prezioso supporto nel riconoscimento formale del diritto di fruire del tempo e delle facilitazioni indispensabili per il suo esercizio.
Fermo restando quanto stabilito nella Convenzione ([6]), appare significativa la scelta del legislatore italiano che nel redigere l’art. 111 Cost., al 3° comma, ha preferito utilizzare la formula «condizioni» piuttosto che il termine «facilitazioni». “D’altronde, nella sua versione inglese «facilities» la clausola in esame suggerisce piuttosto una prospettiva polarizzata sui servizi e sulle attrezzature di supporto all’esercizio del diritto di difesa”. L’affermazione di principio appare strettamente connessa ad altri aspetti sostanziali insiti nel complesso delle garanzie difensive risultanti dall’art. 6 § 3 CEDU, anche in coordinamento con il più generale principio di fairness o équité delle procedure espresso dal § 1.
Tale diritto funge da corollario in una serie di situazioni che vanno dal diritto dell’accusato alla conoscenza dell’accusa sino alla tutela della sua sfera di libertà durante i colloqui difensivi; ed ancora, dalla qualità delle prestazioni del difensore d’ ufficio alla comunicazione degli elementi probatori in possesso dell’accusa.
Il concetto di tempo a disposizione per esigenze difensive impone la ricerca di un equilibrio con il principio di durata ragionevole della procedura. Tra i parametri di valutazione circa la ragionevolezza o meno dei tempi processuali compare, in effetti, la condotta dell’accusato, per cui ogni azione ha la sua portata, persino quella finalizzata ad ottenere un rinvio dell’udienza in ragione dei termini a difesa ([7]) oppure per un legittimo impedimento che impedisca la partecipazione dell’interessato ([8]). Il bilanciamento tra le due diverse esigenze deve garantire all’accusato la preparazione della sua difesa senza per questo protrarre la durata del processo oltre il necessario. La quantificazione dei termini difensivi va così rapportata al caso concreto, prescindendo da indicazioni e da calcoli meramente astratti. La Corte dei diritti dell’uomo ha qui inquadrato anche il tema della discovery nella prospettiva della parità delle armi. La Pubblica Accusa, infatti, deve porre a disposizione dell’accusato e del suo rappresentante ogni risultanza investigativa, con un congruo anticipo per consentirgli una adeguata preparazione della difesa ([9]). Fermo restando che l’obbligo di discovery non si estende a quanto sia inutilizzabile ai fini di prova ([10]) ovvero a quanto è funzionale ad un effetto sorpresa (come ad esempio le intercettazioni di comunicazioni o i provvedimenti cautelari).
*Avv. Antonietta Confalonieri Consigliere Direttivo Camera Penale Enzo Tortora di Sassari
La sintesi è
dedicata all’approfondimento dei temi dell’incontro Dalla verifica del Garante Privacy sulle nuove “regole deontologiche”
alla quotidianità delle aule di giustizia, organizzato a Sassari per il “CORSO
DI TECNICA E DEONTOLOGIA PER L’AVVOCATO PENALISTA per la formazione ed
aggiornamento professionale ai fini della abilitazione alla difesa d’ufficio
[1]) CourEDH, 9.6.1984 Goddi c. Italia, Sèrie A, Recueil n. 76, § 31. In precedenza, CourEDH, 13.5.1980, Artico c. Italia, Série A, Recueil A n. 37, §§ 33-36, con riferimento al caso di una udienza della Suprema Corte che si era svolta in assenza del difensore nonostante la richiesta dell’interessato di nominare un difensore d’ufficio in sostituzione di quello che aveva “previamente dichiarato di non avere tempo per partecipare alla discussione del ricorso”. L’indirizzo è rimasto costante sino alle decisioni più recenti, tra le altre v. CourEDH, 21.4.1998 Daud c. Portogallo, Serie A, Recueil; CourEDH, 27.04.2006, Sannino c. Italia.
[2]) Nella decisione Tripodi c. Italia (CourEDH, 22.02.1994, § 30) la Corte ha ritenuto di non “poter imputare alla Stato la responsabilità di una mancanza del difensore” di fiducia, il quale non aveva partecipato alla udienza di cassazione, pur avendo tempestivamente conosciuto le ragioni del suo impedimento
[3]) CourEDH, 23.02.1994, Stanford c. Regno Unito, Série A, 282-A, § 28
[4]) CourEDH, 9.6.1984 Goddi c. Italia, Sèrie A, Recueil n. 76; CourEDH, 13.5.1980, Artico c. Italia, Série A, Recueil A n. 37, § 33
[5]) CourEDH, 27.04.2006, Sannino c. Italia, volendo il testo in italiano è pubblicato in Cass. pen., 2006, 3024
[6]) Art. 6 CEDU, il § 3 lett. b) prevede il diritto dell’accusato di “disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa”
[7]) CourEDH, 28.06.1984, Campbell e Fell c. Regno Unito. Nella stessa ottica la Corte ha ritenuto che la data dell’udienza non possa essere anticipata senza darne comunicazione al difensore, altrimenti impedito di svolgere le proprie funzioni CourEDH, 19.02.1991, Alimena c. Italia, §§ 18-20
[8]) CourEDH, 25.4.1983, Pakelli c. Germania, Sèrie A, n. 64, dove la Corte ha ritenuto la legittimità dell’impedimento del difensore da riconoscere anche nelle ipotesi di astensione collettiva dalle udienze da parte degli avvocati
[9]) Rileva specialmente Il rapporto della Commissione, n. 8493, 1981, § 61 nel caso Jespers c. Belgio. Con attenzione al diritto del difensore v. CourEDH, 27.06.1968, Neumeister c. Austria, § 21.
[10]) CourEDH, 25.4.1983, Pakelli c. Germania, Sèrie A, n. 64, dove la Corte ha ritenuto la legittimità dell’impedimento del difensore da riconoscere anche nelle ipotesi di astensione collettiva dalle udienze da parte degli avvocati