La pandemia ha totalmente cambiato ogni nostra abitudine di vita personale e professionale.
Come in ogni cambiamento invece che resistere è importante cogliere l’opportunità
Il mio lavoro è totalmente cambiato : è una questione di sopravvivenza. La professione dell’avvocato penalista non può svolgersi in “smart working”, ma nell’esercizio della attività difensiva si può usare la tecnologia ricordando il dovere di garantire la protezione dei dati personali.
questi sono i temi del webinar del 24 febbraio 2021, accreditato dall’Ordine degli avvocati di Perugia con il patrocinio di UNIDPO .
25 novembre 2019 Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne
A CHE PUNTO SIAMO?
Le novità legislative
E’ in vigore dal mese di agosto l’ultima legge n. 69/2019 ormai nota come CODICE ROSSO che ha il fine di rendere rapido ed efficace l’intervento penalistico per garantire la tutela delle vittime di violenza domestica e di genere. E’ un provvedimento sollecitato a gran voce per gestire la “chiassosa visibilità” della violenza di genere, soprattutto dopo la sentenza di condanna dell’Italia da parte della Corte di Strasburgo (CourEdH Talpis 2 marzo 2017). I Giudici della Corte dei diritti umani hanno, tra l’altro, sottolineato “gli atteggiamenti socio culturali di tolleranza nei confronti della violenza domestica”, come in precedenza emerso dal rapporto ONU (Cedaw 2011) in cui il Relatore speciale delle Nazioni unite aveva riscontrato l’esistenza di stereotipi sessisti nei mass media italiani e nel settore pubblicitario e da qui, l’esortazione ad intervenire .
Fermare la violenza non è solo una questione di leggi
L’Italia, come ogni altro Stato che ha ratificato la Convenzione contro la violenza di genere, riconosce “il diritto di tutti gli individui, e segnatamente delle donne, di vivere liberi dalla violenza sia nella vita pubblica che privata” e si è impegnata ad “adottare le misure legislative e di altro tipo necessarie per promuovere e tutelare” questo diritto (art. 1 COE N. 210, Istanbul 2011).
E’ chiaro che non è solo una
questione di leggi, ma ciò che conta è la volontà di scegliere ed utilizzare ogni tipo di “misura utile”.
Il sistema normativo è “ottimo e abbondante” dato che le norme interne vengono integrate e coordinate con quelle europee. E’ necessario, invece, puntare sulla prevenzione e sul cambiamento culturale e sostenere la crescita personale e la preparazione professionale di tutti noi che viviamo in una società dove “portare rispetto” verso l’altro è ormai un atteggiamento raro.
L’importante ruolo della stampa
La Convenzione di Istanbul sul contrasto alla violenza di genere affida alla stampa un ruolo fondamentale formulando da un lato, l’appello ad attuare politiche di educazione ed istruzione e dall’altro, un vero e proprio ordine di promuovere campagne e programmi di sensibilizzazione per aumentare la consapevolezza … delle varie forme di manifestazioni di tutte le forme di violenza … e delle loro conseguenze sui bambini (art. 13 COE).
Nell’ attività di contrasto alla violenza di genere possiamo incominciare proprio dalla responsabilità della stampa, non tanto per quello che fa, ma per quello che potrebbe, anzi dovrebbe fare.
La (nuova) protezione del dato personale
La cronaca di questi giorni
mantiene in prima pagina gli episodi di violenze varie sino alla uccisione di
donne (e talvolta di figli) da parte di persone conosciute o facenti parte
della famiglia.
E’ pur vero che nella esposizione
della notizia di cronaca accade che sulla “riservatezza” della vittima prevalga
la volontà di pubblicare tutta una serie di dettagli ed informazioni per
soddisfare la curiosità dei lettori o del pubblico in senso lato.
Come insegna anche la Corte di
Strasburgo lo “scopo di aumentare le vendite del giornale” non può essere
considerato “un contributo ad un dibattito di interesse generale della società”
(CourEdH Brink c. Lituania 25.11.2008).
A ciò si aggiunga che la
pubblicazione – attraverso i mezzi di comunicazione di massa – di informazioni
personali sulla persona offesa dai delitti sessuali (quali le generalità o le
immagini) esige il suo consenso, altrimenti concretizza una attività illecita
sanzionata dall’art. 734 bis del codice penale.
Non finisce qui!
Come è noto il valore del dato personale ha ricevuto dal maggio 2018 una efficace tutela derivante dal Regolamento UE n. 2016/679 che rappresenta nuovo strumento di protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.
Sotto il profilo che qui
interessa, l’azione di armonizzazione con il Codice privacy ha portato alla
nuova redazione del Titolo XII Giornalismo, libertà di informazione e di
espressione (art. 136 e 137 D.lgs. 196/2003)
Ne consegue che la redazione della notizia di cronaca deve tener conto del Codice privacy e deve essere resa nota nel pieno rispetto delle “Regole Deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell’ esercizio dell’attività giornalistica” precisate nella Delibera del Garante Privacy del 29.11.2018 (G.U. 4.01.2019).
In sostanza la PROTEZIONE della vittima vulnerabile comporta anche la PROTEZIONE DEL DATO PERSONALE , con conseguente trattamento esclusivamente in modo lecito delle informazioni che la riguardano.
L’osservanza da parte della
stampa del preciso puzzle normativo consente di evitare una “vittimizzazione
secondaria” che anche a causa della indicizzazione potrebbe provocare dei danni
gravi e permanenti.
Si pensi anche alla reiterazione del dramma dei figli delle vittime, che una volta cresciuti si potrebbero trovare davanti a resoconti di cronaca, eccessivi nelle informazioni e nella descrizione di dettagli.
In sintesi, non è una questione
di leggi, ma di rispetto della persona.
Ilrispetto
Il rispetto non sta scritto nelle leggi, ma di certo nei cromosomi del nostro DNA. Il rispetto è quell’atteggiamento che nasce dalla consapevolezza del valore di qualcosa o di qualcuno, rectius dell’essere umano. “Respectus” è quel “respicere”, quel “guardare indietro” mentre si procede , mentre l’attenzione è tutta diretta in avanti; è quel momento di dubbio, di ricerca, di riflessione che porta a fermarsi un attimo. Ecco, quella spontanea volontà di voltarsi interiormente e di fermarsi davanti alla sacralità dell’essere umano.
I risultati delle statistiche
I dati del rapporto EURES 2019 sono significativi. Sono aumentate le percentuali che riguardano la violenza assistita, la gravita dei reati e delle lesioni provocate, il rischio di vita e l’efferatezza e crudeltà delle azioni. E’ diventato più agevole riconoscere le forme di violenza psicologica e dunque contenerle, mentre sono affiorate le gravi ipotesi di violenza economica. Gli atti di violenza fisica e quella sessuale sono nettamente accresciuti. In particolare, colpisce la efferatezza dei recenti casi di uccisione di donne da parte del loro (ex)compagno di vita dove oltre che provocare la morte della donne si infierisce sul corpo con il fuoco. L’uso del fuoco è simbolico e la storia ne è testimone.
La società civile
“Vivere liberi dalla violenza sia
nella vita pubblica che privata” è il diritto di ciascuno di noi e
ognuno di noi ha la responsabilità di garantirlo e tutelarlo: dal magistrato
all’avvocato, insieme alle forze dell’ordine e al giornalista, dal vicino di
casa e parente all’insegnante dentro e fuori la scuola di ogni livello, dal
collega al superiore, dal cittadino allo straniero.
Siamo tutti pezzi del puzzle della società civile e con ogni nostro gesto possiamo contribuire a creare “le misure necessarie per promuovere i cambiamenti nei comportamenti socio culturali” e vigilare “affinché CULTURA, USI, COSTUMI, RELIGIONE, TRADIZIONE e c.d. “ONORE” non possano essere utilizzati per giustificare la violenza”.
#PLEASE STOP #ENDVIOLENCE AGAINST WOMEN #TAKEACTION
Ho apprezzato l’articolo di Nicola Fabiano sul tema del diritto alla protezione dei dati personali. L’autore offre una importante riflessione invitando ad individuare lo starting-point della tutela del diritto fondamentale.
Dalla Sua prospettiva arriva una domanda : davvero è sufficiente solo la legge o forse c’é di più? C’è di più!
Sicuramente ancor prima della legge c’è il riconoscimento del VALORE del “bene” da proteggere.
il FATTORE UMANO viene considerato un rischio, ma la CONSAPEVOLEZZA è il requisito vincente
Solo la consapevolezza del VALORE della nostra identità ci consentirà “governare” il “nuovo mondo” fatto di tecnologia, di intelligenza artificiale, di profilazione e app alla moda
Mi occupo di violenza sulle donne ancor prima che venissero coniati i termini FEMMINICIDIO – VIOLENZA dI GENERE e simili.
Gli anni passano veloci, la società evolve, l’ intelligenza artificiale e l’algoritmo automatizzano le nostre scelte. In questo continuo e costante cambiamento che porta anche alla evoluzione culturale rimane ,tuttavia, immutato il mancato rispetto per la figura femminile. Le statistiche del 2019 indicano delle cifre, ma dietro ogni numero c’è il nome di una donna che ha subito violenza.
Ho ritrovato una mia intervista di 2 anni fa, che rileggo volentieri … e continuo a pensare che LE LEGGI NON BASTANO
E’ il libro di Nicola Fabiano Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati di San Marino.
Sono stata invitata alla presentazione che Privacy Italia ha organizzato
presso la Sala del Refettorio del Palazzo San Macuto a Roma.
Parteciperanno al dibattito rappresentanti delle istituzioni ed esperti in un momento significativo per l’intero settore: ad un anno dall’entrata in vigore del GDPR e pochi giorni dopo la nomina del nuovo Collegio del Garante, ma con uno sguardo al futuro tecnologico ed alla evoluzione della cornice normativa tra diritti della persona, mercato e dinamiche internazionali.
Come quando si va al cinema, ho letto il libro prima di sentirlo
raccontare da altri.
Perché leggere questo libro, che si apre con la Prefazione di Giovanni Buttarelli, Garante Europeo per la
protezione dei dati personali (EDPS).
Per interesse? per curiosità? E’ probabile. E’ sicuramente plausibile
che la monografia venga apprezzata per lo stile, per i contenuti, per
l’innovazione.
Val la pena di dire subito che è un libro per tutti, perché consente una
lettura in cui gli esperti della materia ritrovano certezze, mentre i neofiti
ricevono rassicurazioni.
L’Autore propone un’analisi ragionata delle novità normative. Dalle
statistiche pubblicate in occasione del primo compleanno del GDPR si evince che
in Italia solo il 17 % delle persone sa di che cosa si tratta e il 49 % ne ha
sentito parlare. Bene, le osservazioni e informazioni di Nicola Fabiano sembrano
voler raggiungere anche quel rimanente 34% di persone rimaste all’oscuro,
ignare della normativa ed essenzialmente inconsapevoli del valore della propria
identità.
E’ una sorta di manuale che porta a trasformare l’ansia da prestazione
per la compliance al GDPR nella sicurezza
che ogni cambiamento genera opportunità e vantaggi.
LO STILE
Il nuovo lavoro monografico di Nicola Fabiano non si palesa, come si è
soliti dire, come la sua ultima “fatica”, anzi le parole mostrano una costante
determinazione nel voler guidare il lettore nel “meraviglioso mondo” di servizi
tecnologici, conoscendone, però, le regole, svelandone i segreti e trasmettendo
le strategie vincenti.
E’ un testo di alto livello scientifico, senza che il lettore ne
avverta il peso sentendosi “inadeguato”. Al contrario chi legge viene attratto
e coinvolto nella conoscenza oppure trova conferme del proprio sapere
personale. Uno stile discorsivo che consente di assorbire con facilità anche le
nozioni più tecniche.
E’ un libro ricco di domande, ma soprattutto di risposte. Prima fra
tutte, quella conclusiva DOVE STIAMO ANDANDO: “c’è la necessità di parlare di
ETICA. Oggigiorno, ancora non c’è una matura coscienza etica che costituisca
il fondamento per un approccio corretto e consapevole della dignità umana. È
necessario, quindi, che si lavori per consolidare e accrescere una vera
consapevolezza del valore della persona e dell’intera sfera di ciascun
individuo in modo che non venga mai svilita la dignità umana.”
I CONTENUTI
Capitolo dopo capitolo, Nicola Fabiano accende la luce della
consapevolezza sui diritti e doveri che abbiamo sotto gli occhi, dei quali,
però, percepiamo solo alcuni profili.
Con estrema “leggerezza” (“che non è superficialità, ma planare sulle
cose dall’alto” come ha insegnato Italo Calvino), l’Autore conduce la mente del
lettore nel contesto europeo della tutela dei diritti, spaziando dalla Carta di
Nizza e il Trattato di Lisbona, alla CEDU e la Convenzione 108/81, richiamando
le diverse direttive (e-privacy) o proposte di direttive per poi
contestualizzare i concetti nella cornice giuridica italiana.
Il libro si apre con la valutazione della rivoluzione culturale innescata
dal Regolamento Europeo costruita sull’assioma per cui PRIVACY e DATA
PROTECTION “non sono sinonimi” e
contestualmente esiste una profonda differenza tra Privacy e SICUREZZA: “la
protezione di dati personali include anche la sicurezza, ma non è vero il
contrario.”
In uno dei paragrafi successivi viene evidenziata l’importanza del
fatto che la protezione del dato si realizzi sin dalla progettazione e con
modalità di impostazione predefinita, come richiesto per tutti i Paesi menbri
dell’Unione Europea.
Ed ancora, viene accuratamente illustrata l’essenza della c.d. accountability, perno sul quale poggia
il sistema introdotto dal Regolamento Europeo; nozione che, invece, rappresenta
una novità nel nostro ordinamento giuridico. Un concetto difficile da
assimilare nella nostra società, dove sinora il singolo era abituato a muoversi
secondo un modello che può essere parafrasato con lo slogan “dimmi cosa devo fare e io lo faccio”.
Segue il delicato tema del trasferimento dei dati verso i paesi terzi,
che sembrerebbe un concetto astratto, nella realtà è invece un’ipotesi semplice
basti pensare alla scelta di un servizio cloud offerto da una azienda con sede
fuori dall’Europa.
Il fulcro del lavoro scientifico va individuato nell’ analisi tesa ad
evidenziare il VALORE del DATO PERSONALE.
Come è possibile percepire il VALORE del dato? L’Autore parte
dall’assioma che il dato personale costituisce un valore assoluto, e di seguito
offre un paragone che consente l’immediata percezione del concetto: “quale
valore attribuiamo alla vita umana? Riteniamo che la vita sia un valore
assoluto e inviolabile perché è la sua stessa natura che ci permette di
affermarlo. Si tratta di un elemento otologico, la vita è un valore. Allo
stesso modo il dato si riferisce a informazioni personalissime di una persona
fisica e va considerato un valore ontologicamente assoluto.
Gli esempi per dimostrare il valore del dato personale sono numerosi,
l’ultimo dei quali arriva proprio dal social network più famoso. Nella seconda
metà di giugno, la cronaca ha riportato la notizia della diffusione negli USA
della app Facebook Study. La proposta
di Facebook di “profilare” gli utenti USA (chiedendo di condividere informazioni
su come usano le app), ma questa volta a pagamento. L’applicazione Study serve per controllare cosa gli
utenti fanno con il proprio smartphone e in cambio ogni utente che aderisce
verrà ricompensato. Ecco, probabilmente così è finalmente evidente per tutti: è
proprio questo il VALORE (economico) dei DATI, collegato al consenso
dell’utente chiamato ad essere consapevole del proprio diritto al controllo.
Il secondo capitolo del libro è riservato agli argomenti di cybersicurity e contiene una sorta di elenco
di istruzioni per l’uso per muoversi in sicurezza su internet avendo
consapevolezza dei rischi per i dati personali.
Gli smartphone, la posta elettronica, i social network, le varie
modalità di messaggistica, il cloud
computing, fanno parte del nostro modo di vivere e non possiamo, ma
soprattutto non dobbiamo, farne a meno. E’ necessario, però, conoscere i rischi
e sapere come fare per proteggersi.
Questo messaggio emerge chiaramente nelle parole che vengono dedicate
alla sfera di tutela da riservare ai minori. “L’obiettivo di proteggere i
minori non dal mondo digitale, ma all’interno dello stesso. Sarebbe impensabile
e comunque anacronistico escludere i minori dal mondo digitale nell’era in cui
viviamo che è basata quasi completamente sull’utilizzo di internet e delle
tecnologie. I ragazzi devono imparare a conoscere la realtà digitale e a loro
va insegnato con quale approccio avvicinarsi a queste risorse.”.
Nel terzo capitolo vengono esaminate le nuove frontiere tecnologiche
(blockchain, big data, intelligenza artificiale, droni, robotica), che
richiedono necessaria consapevolezza anche al fine di un corretto approccio
etico al tema.
Ad esempio il mondo IoT (Internet of Thing) dove la comodità o
praticità del servizio ricevuto mette in ombra le domande sul trattamento dei
dati personali. E’ pur vero che “sono sempre le azioni dell’utente attraverso
cui si autorizza o non l’accesso a determinate informazioni e la comunicazione
delle stesse” ma quanto è realmente consapevole il consenso dell’utente?
L’INNOVAZIONE
L’Autore propone una chiave di lettura originale e innovativa del complesso
contesto normativo, indicandola direttamente nel titolo dell’opera.
Sui piatti della bilancia ci sono due valori fondamentali: da un lato,
la dignità dell’uomo e dall’altro, la tecnologia senza frontiere. Etica e
Consapevolezza sono gli elementi essenziali per un corretto equilibrio.
Awareness raising è il must: “la
sensibilizzazione sui temi che riguardano la persona e conseguentemente la
protezione dei dati personali e della privacy”
ETICA
è la parola d’ordine non solo con il preciso intento di prospettare alcune
chiavi di lettura etiche delle norme del GDPR, ma anche per creare una
coscienza etica.
Nei paragrafi finali dedicati all’analisi ragionata del tema dell’Intelligenza
artificiale, l’Autore ricorda il momento in cui ha iniziato “ad
approfondire l’impatto e l’incidenza della ia e della robotica su privacy e
protezione dei dati personali, focalizzando l’attenzione sull’etica e in
particolare sulla identificazione di un approccio etico”(…) in considerazione
dell’alto valore dei diritti fondamentali contenuti nella Carta europea.
Il ragionamento viene quindi portato sino alla affermazione conclusiva
per cui “Non è necessariasoltanto l’attività di sensibilizzazione al
tema dell’etica ma ancor più l’acquisizione di una concreta consapevolezza
dell’etica che deve diventare una reale “coscienza etica”. Una coscienza etica
implica il rispetto della legge sulla protezione dei dati personali (gdpr e
codice privacy), ma potrebbe non essere vero il contrario, ossia rispettare
la legge non significa necessariamente avere una “coscienza etica”.
“Il tema è complesso, ma non è un percorso impossibile; la primazia
dell’uomo sulle macchine consente di approfondire il tema dell’etica senza
lasciare che le persone siano ridotte a meri dati, a bit, oggetto di
elaborazioni algoritmiche e dati in pasto ai sistemi di intelligenza
artificiale.”
In conclusione, la lettura del libro di Nicola Fabiano regala l’opportunità
di guardare il complesso mondo in cui viviamo con occhi consapevoli. Come ricorda
una delle frasi più citate che girano sul web *È la luce della consapevolezza
che rende le cose preziose e straordinarie. E allora le piccole cose non sono
più piccole*.
Last but no least
Edito da GoWare l’altra editoria, nella collana TECNOLOGIA, il libro
esiste in versione tradizionale per gli amanti della carta, ma anche ebook, decisamente easy, anche per la consultazione di tutti i documenti richiamati
nel testo e immediatamente accessibile on
line. Il libro assicura una prezioso patrimonio di documentazione e una
imponente bibliografia normativa.
La TECNOLOGIA, proprio come “il trattamento dei dati personali”, è “al
servizio dell’uomo” (come affermato nel Considerando n. 4 GDPR 679/16)
E’ una opportunità da non perdere, in modo consapevole.
L’incontro voluto dall’Istituto
Tecnico Industriale Angioy – SERALE – Corso d’istruzione per Adulti, dal titolo
Privacy: che cosa è importante sapere,
è rivolto a tutti noi, perché “ I DATI SIAMO NOI”. L’ingresso è libero e gratuito.
Si tratta di una iniziativa per
creare una cultura della “protezione dei dati personali” e sviluppare in ogni
persona la consapevolezza del valore dei propri dati.
L’avv. Antonietta Confalonieri (DATA PROTECTION OFFICER, con certificazione UNI 11697) offrirà una serie di informazione utili ad ogni singola persona, in modo da conoscere i propri diritti, muoversi nel mondo -anche digitale – con consapevolezza sapendo come gestire i rischi e mantenere il controllo sull’uso della propria “identità”. Sarà un invito ad acquisire nuove abitudini, riflettendo su “che cosa è importante sapere” per avere la libertà di rendere “pubblica” la propria vita [scelte, opinioni, preferenze, abitudini, lavoro, numeri identificativi di ogni situazione (auto-conto corrente- telefono-casa-assicurazione-sanità), immagini, voce, viso] senza che vi sia un uso scorretto di queste informazioni, o una monetizzazione, vale a dire che se ne faccia mercato, magari provocando danni di vario genere.
L’incontro nell’Istituto Angioy è
stato organizzato in coincidenza con la data del 25 maggio, giorno che segna l’inizio
delle nuove regole, imposte con il Regolamento Europeo 679/16 e completate con
la modifica del “Codice privacy” D.l.gs. 196/03 effettuata dal legislatore
italiano nella scorsa estate.
Si tratta di una vera e propria
rivoluzione culturale perché si passa dal concetto di “riservatezza” a quello
di “protezione” con conseguente controllo sul dato. “La protezione dei dati
personali è un diritto di libertà”, è lo slogan scelto dal GARANTE PRIVACY.
Il c.d. GDPR 679/16 ha introdotto
importanti novità a difesa della privacy: più trasparenza sull’uso dei dati
personali, nuovi diritti per le persone, maggiori responsabilità per imprese,
enti e Pubblica Amministrazione, sanzioni severe per chi non rispetta le
regole, anche fuori dai confini dell’Europa.
L’appuntamento è per mercoledì 29 maggio 2019, ore 17.30
presso l’aula magna dell’ITI G.M. ANGIOY, a Sassari.
Il D.S. Prof. Luciano Sanna introdurrà l’incontro che verrà
moderato dal Prof. Francesco Viglietti.
L’effettività della difesa nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo
Sintesi estratta dalla monografia EUROPA E GIUSTO PROCESSO. ISTRUZIONE PER L’USO
Da tempo nel
panorama europeo si tende a richiamare l’attenzione sulla necessità di
garantire che la difesa sia svolta in modo effettivo, con professionalità e
competenza, ritenendo perciò che gli Stati membri debbano prevedere un sistema
di controllo, soprattutto in virtù del fatto che l’accusato non sempre è in
grado di valutare l’effettività dell’assistenza prestata dal legale in suo
favore.
Il tema rappresenta il nucleo
di importanti affermazioni provenienti dalla Corte di Strasburgo.
Dall’interpretazione del testo della Convenzione, che impone di assicurare non
solo la nomina, ma anche l’assistenza di un difensore, i giudici d’oltralpe
sono arrivati alla conclusione che deve essere garantito il diritto ad una
difesa effettiva e concreta, sia essa di fiducia o d’ufficio. Da qui, la
constatazione di violazioni dell’art. 6 CEDU in situazioni nelle quali
l’assistenza difensiva era stata puramente formale.
L’ermeneutica della Corte dei
diritti dell’uomo è arrivata persino a porre la censura sulla mancata adozione
da parte degli organi giudiziari di misure che assicurino l’effettività della
difesa ([1]), fermo restando che le scelte di coscienza nella
conduzione della difesa rimangono monopolio del soggetto che esercita la libera
professione ([2]).
In effetti, la Corte ha
ritenuto che “come regola generale gli atti o le decisioni del difensore
dell’accusato non potrebbero impegnare la Responsabilità dello Stato” giacché
“data l’indipendenza del foro, la conduzione della difesa spetta per
l’essenziale all’interessato e ai suoi rappresentanti”, gli Stati sarebbero
obbligati ad occuparsene soltanto in caso di “carenza manifesta o
sufficientemente segnalata alla loro attenzione” ([3]).
Con riferimento all’ordinamento
italiano, la Corte Europea ha ripetutamente evidenziato ([4])la carenza di un meccanismo che consenta di assicurare
in concreto la garanzia che il difensore svolga diligentemente il suo
patrocinio. In questa prospettiva, nel c.d. caso Sannino ([5]), la Corte ha censurato il comportamento della Autorità
giudiziaria italiana che ha provveduto alla continua sostituzione del difensore
d’ufficio di volta in volta assente, con un atto formalmente corretto, ma in
sostanza inidoneo a garantire continuità ed effettività nella difesa
dell’imputato.
Insomma, come è noto la difesa,
più che un diritto della parte privata è una condizione di regolarità del processo;
un onere di vigilanza incombe, quindi, sulla Autorità giudiziaria procedente.
Il concetto di effettività ed
incisività della difesa trova un prezioso supporto nel riconoscimento formale
del diritto di fruire del tempo e delle facilitazioni indispensabili per il suo
esercizio.
Fermo restando quanto stabilito
nella Convenzione ([6]), appare significativa la scelta del legislatore
italiano che nel redigere l’art. 111 Cost., al 3° comma, ha preferito
utilizzare la formula «condizioni» piuttosto che il termine «facilitazioni».
“D’altronde, nella sua versione inglese «facilities» la clausola in
esame suggerisce piuttosto una prospettiva polarizzata sui servizi e sulle
attrezzature di supporto all’esercizio del diritto di difesa”. L’affermazione di principio appare strettamente
connessa ad altri aspetti sostanziali insiti nel complesso delle garanzie
difensive risultanti dall’art. 6 § 3 CEDU, anche in coordinamento con il più
generale principio di fairness o équité delle procedure espresso
dal § 1.
Tale diritto funge da
corollario in una serie di situazioni che vanno dal diritto dell’accusato alla
conoscenza dell’accusa sino alla tutela della sua sfera di libertà durante i
colloqui difensivi; ed ancora, dalla qualità delle prestazioni del difensore d’
ufficio alla comunicazione degli elementi probatori in possesso dell’accusa.
Il concetto di tempo a
disposizione per esigenze difensive impone la ricerca di un equilibrio con il
principio di durata ragionevole della procedura.
Tra i parametri di valutazione circa la ragionevolezza o meno dei tempi
processuali compare, in effetti, la condotta dell’accusato, per cui ogni azione
ha la sua portata, persino quella finalizzata ad ottenere un rinvio
dell’udienza in ragione dei termini a difesa ([7]) oppure per un legittimo impedimento che impedisca la
partecipazione dell’interessato ([8]). Il bilanciamento tra le due diverse esigenze deve
garantire all’accusato la preparazione della sua difesa senza per questo
protrarre la durata del processo oltre il necessario. La quantificazione dei
termini difensivi va così rapportata al caso concreto, prescindendo da
indicazioni e da calcoli meramente astratti. La Corte dei diritti dell’uomo ha
qui inquadrato anche il tema della discovery nella prospettiva della
parità delle armi. La Pubblica Accusa, infatti, deve porre a disposizione
dell’accusato e del suo rappresentante ogni risultanza investigativa, con un
congruo anticipo per consentirgli una adeguata preparazione della difesa ([9]). Fermo restando che l’obbligo di discovery non
si estende a quanto sia inutilizzabile ai fini di prova ([10])
ovvero a quanto è funzionale ad un effetto sorpresa
(come ad esempio le intercettazioni di comunicazioni o i provvedimenti cautelari).
*Avv. Antonietta Confalonieri
Consigliere Direttivo Camera Penale Enzo Tortora di Sassari
La sintesi è
dedicata all’approfondimento dei temi dell’incontro Dalla verifica del Garante Privacy sulle nuove “regole deontologiche”
alla quotidianità delle aule di giustizia, organizzato a Sassari per il “CORSO
DI TECNICA E DEONTOLOGIA PER L’AVVOCATO PENALISTA per la formazione ed
aggiornamento professionale ai fini della abilitazione alla difesa d’ufficio
[1])
CourEDH,
9.6.1984 Goddi c. Italia, Sèrie A, Recueil n. 76, § 31. In precedenza,
CourEDH, 13.5.1980, Artico c. Italia, Série A, Recueil A n. 37, §§
33-36, con riferimento al caso di una udienza della Suprema Corte che si era svolta
in assenza del difensore nonostante la richiesta dell’interessato di nominare
un difensore d’ufficio in sostituzione di quello che aveva “previamente
dichiarato di non avere tempo per partecipare alla discussione del ricorso”.
L’indirizzo è rimasto costante sino alle decisioni più recenti, tra le altre v.
CourEDH, 21.4.1998 Daud c. Portogallo, Serie A, Recueil; CourEDH,
27.04.2006, Sannino c. Italia.
[2]) Nella
decisione Tripodi c. Italia (CourEDH, 22.02.1994, § 30) la Corte ha ritenuto di
non “poter imputare alla Stato la responsabilità di una mancanza del difensore”
di fiducia, il quale non aveva partecipato alla udienza di cassazione, pur
avendo tempestivamente conosciuto le ragioni del suo impedimento
[3]) CourEDH,
23.02.1994, Stanford c. Regno Unito, Série A, 282-A, § 28
[4])
CourEDH,
9.6.1984 Goddi c. Italia, Sèrie A, Recueil n. 76; CourEDH, 13.5.1980,
Artico c. Italia, Série A, Recueil A n. 37, § 33
[5])
CourEDH,
27.04.2006, Sannino c. Italia, volendo il testo in italiano è pubblicato in Cass.
pen., 2006, 3024
[6])
Art. 6
CEDU, il § 3 lett. b) prevede il diritto dell’accusato di “disporre del tempo e
delle facilitazioni necessarie per preparare la sua difesa”
[7])
CourEDH,
28.06.1984, Campbell e Fell c. Regno Unito. Nella stessa ottica la Corte ha
ritenuto che la data dell’udienza non possa essere anticipata senza darne
comunicazione al difensore, altrimenti impedito di svolgere le proprie funzioni
CourEDH, 19.02.1991, Alimena c. Italia, §§ 18-20
[8])
CourEDH,
25.4.1983, Pakelli c. Germania, Sèrie A, n. 64, dove la Corte ha
ritenuto la legittimità dell’impedimento del difensore da riconoscere anche
nelle ipotesi di astensione collettiva dalle udienze da parte degli avvocati
[9])
Rileva
specialmente Il rapporto della Commissione, n. 8493, 1981, § 61 nel caso Jespers
c. Belgio. Con attenzione al diritto del difensore v. CourEDH, 27.06.1968,
Neumeister c. Austria, § 21.
[10])
CourEDH,
25.4.1983, Pakelli c. Germania, Sèrie A, n. 64, dove la Corte ha
ritenuto la legittimità dell’impedimento del difensore da riconoscere anche
nelle ipotesi di astensione collettiva dalle udienze da parte degli avvocati